Viaggio in Pakistan nel mese di ottobre per due religiosi francescani del Santuario di sant’Antonio di Padova e due rappresentanti di Missione Shahbaz Bhatti Onlus. Obiettivi: preparare il lancio del progetto “scuola arte e mestieri” da realizzare a Khushpur e incontrare i collaboratori APMA di Lahore e Islamabad, ma anche vivere momenti di dialogo interreligioso e di riflessione a livello politico-istituzionale.
articolo a cura di Francesco D’Alfonso – vicepresidente di MSB Onlus
Il recente viaggio in Pakistan dell’ottobre scorso, al quale hanno partecipato due padri francescani della basilica di sant’Antonio di Padova, p. Giancarlo e p. Fabio, rispettivamente direttore generale e direttore della testata “Il Messaggero di sant’Antonio”, e don Adriano Cevolotto, vicario generale della diocesi di Treviso, insieme a Francesco D’Alfonso, vice presidente di Missione Shabaz Bhatti Onlus, ha consentito di raggiungere diversi obiettivi:
la preparazione della campagna di lancio del progetto “scuola arti e mestieri”, che verrà realizzata a Khushpur con il contributo di Caritas antoniana;
gli incontri con persone, famiglie ed alcune comunità emarginate, che testimoniano il vissuto di sofferenza e di speranza dei cristiani del Pakistan;
gli incontri con i collaboratori e gli avvocati della sede APMA di Lahore, impegnati in casi di tutela legale, e con i giovani della APMA di Islamabad insieme ai rappresentanti di gruppi cristiani di varia denominazione;
momenti significativi di incontro e dialogo interreligioso, quali la visita alla grande moschea Badshahai di Lahore e ad una scuola coranica di Islamabad;
l’incontro con esponenti diplomatici di vari governi, l’ambasciatore della UE in Pakistan e il nunzio apostolico, che hanno espresso sostegno alle proposte miranti a integrare le minoranze a livello istituzionale(intervenendo ad esempio sui meccanismi elettorali che le penalizzano) e a rivedere quegli aspetti dei curricoli scolastici, che attualmente non favoriscono il rispetto di quanti ad esse appartengono.
Al rientro in Italia, però, siamo stati raggiunti dalla notizia dolorosa e inaspettata della morte improvvisa del Vescovo di Rawalpindi-Islamabad, mons. Rufin Anthony, che avevamo incontrato solo pochi giorni prima. Stava partendo per la parrocchia più lontana della diocesi, a seicento chilometri di distanza, e si era scusato per non potersi fermare più a lungo con noi. Ci eravamo lasciati parlando della situazione attuale del Paese e della comunità cristiana, che stavamo visitando in quei giorni, con sentimenti misti di sofferenza per i tanti casi di discriminazione e di violenza registrati e insieme di speranza e di attese per un futuro che si prospettava aperto a nuove opportunità. Il Vescovo Rufin era uomo semplice e sapiente, che ha servito per trent’anni la sua Chiesa ed era molto amato dalla sua gente, che lo sentiva vicino e attento ai problemi dei poveri e degli emarginati. Ad agosto era venuto a Roma per partecipare al convegno internazionale dei legislatori cattolici, promosso dal Card. Schönborn, ed aveva lasciato una forte testimonianza sulle condizioni delle comunità cristiane in Pakistan. Si era fermato poi alcuni giorni nel Veneto, dove aveva incontrato il Vescovo di Treviso mons. Gianfranco Agostino Gardin e il Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia. In questo periodo stava seguendo la causa di beatificazione di Shahbaz Bhatti e ci aveva aggiornato sullo stato dei lavori. Era ottimista sulla possibilità di completare in tempi non troppo lunghi la fase diocesana della causa. La sua morte improvvisa – sarebbe rimasto ancora poco alla guida della diocesi per raggiunti limiti di età – ha determinato un vuoto non facilmente colmabile nella Chiesa del suo Paese. Un problema importante, infatti, per i cristiani in Pakistan è quello di trovare guide autorevoli, data la situazione di fragilità delle comunità, in bilico tra fedeltà nella testimonianza e tentazioni di fuga, specie per i giovani, attirati dalle lusinghe di una vita “normale”.
In due momenti, in particolare, abbiamo toccato con mano questa sofferenza: a Lahore, negli uffici di APMA, nell’incontro con alcune persone che stanno facendo fronte a gravi ingiustizie subite con l’aiuto dei legali della associazione; a Islamabad, nella visita ad alcune comunità cristiane che vivono in condizioni di grave miseria e abbandono, dove tuttavia non manca il sorriso sul volto dei bimbi, né il desiderio degli adulti di poter trovare nella chiesa iniziata, ma non terminata, nel cuore del villaggio un segno di protezione e di speranza. Il vescovo Rufin si era fatto carico di portare a termine i lavori.
E’ grazie all’impegno di persone come lui, ma anche di alcuni leader musulmani aperti al dialogo e disponibili a lavorare in favore dei diritti delle minoranze, che si aprono prospettive di speranza per il futuro: particolarmente cordiale e significativo è stato l’incontro con Abd-ul-Khabir Azad, imam della grande moschea di Lahore, una delle più importanti del Paese, che ha ricordato la sua collaborazione con Shahbaz Bhatti e l’impegno a proseguirne l’opera, in memoria di un comune ideale di convivenza.